premio icon art
Per l’artista lametino la materia è sostanza che si riempie di significato, è mezzo per diffondere un concetto, un messaggio che nella materia stessa si plasma e si genera, portando con sé il fremito emotivo della creazione. Le sue opere sono infatti frutto di moti interiori che, attraverso una giustapposizione istintiva degli elementi dettata dalle sensazioni del momento, tendono ad altrettante pulsazioni nella fruizione finale. Così in “Desideravo amore” l’iconografia della composizione spinge a sentimenti contrastanti e turbamenti che rimandano al concetto forte e crudo che l’artista vuole veicolare. Ed è quello di uno stato d’animo, del dolore, dei tormenti e dei sensi di colpa che attraversano una donna nel gesto estremo di rifiuto della vita che cresce in grembo e nello stesso tempo il sentimento di amore negato, ripreso anche dal titolo dell’opera. Nella composizione è raffigurato il corpo nudo di una donna incinta, scolpito solo nel busto, senza volto e quindi senza identità, quasi a simboleggiare l’universalità della condizione, mortificato e torturato da tagli e ferite sanguinanti. Da un lato un seno scoperto, a simbolo della vergogna per una gravidanza inattesa, e dall’altro un seno invece velato come riserbo e paura di ciò che sta accadendo dentro di sé. Su questo si posa poi carezzevole la mano di un bambino, che sbuca da un fondo indefinito e porta con sé il non colore del bianco, metafora del “non è”, di una vita che mai sarà, concetto questo rafforzato anche dalle tre piume bianche che rimandano al regno angelico. Per contrasto il corpo femminile si carica del color oro, prezioso come il dono della maternità, e di righe di rosso, segno luttuoso della vita spezzata”.
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